Negli ultimi anni le aziende stanno assistendo ad un aumento del volume dei dati digitali e questo trend continuerà anche nei prossimi anni. Dopo tutto, diversamente da qualche tempo fa, sempre più dati vengono raccolti da diverse fonti e archiviati per essere utilizzati solo in un secondo momento.
Ma cosa fare con tutti questi dati?
Finora i dipartimenti IT hanno gestito da soli l’acquisto di nuovi sistemi di storage nel momento in cui quelli che utilizzavano raggiungevano la capacità massima di archiviazione. Nel lungo periodo però, come conseguenza della costante crescita del volume dei dati, questo approccio di espansione della capacità di storage attraverso l’acquisto di nuovi drive per i sistemi RAID o NAS diventerà troppo costoso. Inoltre, questa modalità viene solitamente associata ad un utilizzo non efficiente della capacità di archiviazione. Sistemi di questo tipo non sono particolarmente veloci a causa della complessità della struttura e della connettività e alla presenza di “colli di bottiglia” nascosti nel sistema che possono ridurne la velocità.
La soluzione
Il Software Defined Storage (SDS) promette di essere la soluzione al problema della crescita costante del volume di dati digitali. Come suggerisce il nome la gestione di un intero ambiente di storage si basa su un software di gestione. Diversamente dall'utilizzo dei sistemi SAN, NAS e RAID i sistemi SDS non dipendono dalla componente hardware. I sistemi SDS non si basano quindi su controller progettati esclusivamente per i prodotti di un particolare produttore. Questo a livello teorico rende possibile la combinazione di componenti hardware e software di produttori diversi affinché possano accedere l’uno all'altro e operare insieme. Inoltre sono possibili miglioramenti in termini di performance. Alcuni produttori pubblicizzano una velocità cinque volte maggiore rispetto ai sistemi basati sulle componenti hardware.
L’implementazione di questa soluzione però non è così semplice come potrebbe sembrare a parole: in molti casi, infatti, i sistemi sono strutturati in modo che gli storage esistenti possano essere integrati ed espansi facilmente grazie all'utilizzo di ulteriori drive e dispositivi. Se per qualche motivo questo processo non dovesse funzionare correttamente, in molti casi si può usufruire di servizi speciali che consentono di connettere gli storage sotto lo stesso tetto.
Un moderno sistema SDS funziona in questo modo: in base a come è configurato l’intero sistema, viene installato un software SDS specifico e quindi implementato sul server o sui computer client in uso.
Il software fornisce tutte le funzioni necessarie per connettersi e accedere al network con ogni dispositivo storage. Un esempio può essere rappresentato da tre server che funzionano con un software SDS in un sistema SDS e si connettono a turno a tre storage SAN. In sostanza, in questa configurazione ogni server SDS è in grado di comunicare con ciascuno storage e di modificare i dati. Con tutte le configurazioni possibili di SDS non si può quasi immaginare alcun limite e l’admin del sistema può configurare spazi liberi in pochi minuti e distribuire le capacità di storage su diversi dischi e archivi.
Indipendentemente dal produttore dal quale si è acquistato il sistema SDS – poiché lo scambio di dati ora viene effettuato tramite un software e non più, come accade per gli storage basati su hardware, attraverso un controller integrato – ogni dispositivo di memorizzazione viene dotato di un livello software aggiuntivo. Questo è dovuto al fatto che il software SDS utilizza un file system separato di modo che sia in grado di gestire l'intero dataset. Solo in questo modo è possibile gestire singoli file su tutti i dispositivi connessi attraverso il network storage e accedervi direttamente. IBM, ad esempio, ha creato il suo file system GPFS che "copre" tutti gli storage connessi all'interno dell’intero sistema.
Nonostante tutti questi vantaggi rimangono ancora alcuni rischi...
I vantaggi degli SDS sono ovvi: la possibilità di migliorare la connessione tra gli hardware già presenti e una gestione congiunta dei sistemi di storage connessi e di conseguenza costi ridotti e migliori performance. Non c’è da stupirsi quindi che la tendenza vada verso i cosiddetti Software Defined Everything (SDE). In futuro tutto l’hardware dovrà essere gestito e controllato da un software. Le soluzioni costose basate su hardware proprietario con controller vincolati al produttore, gli switch, le memorie o persino le CPU saranno solo un ricordo del passato.
Un problema legato alla crescente “softwarizzazione” che viene però poco considerato o ignorato è il seguente: le nuove strutture dati delle soluzioni software SDS portano ad ulteriori problematiche in termini di malfunzionamenti o difetti. L’utilizzo degli storage SDS aumenterà la complessità sia per gli utenti sia per le aziende di recupero dati. Se si pensa che all'interno dello strato del software SDS con una sua struttura dati c’è anche un altro strato virtuale all'interno del quale di trovano i dati attuali o persino dei database allora questo problema diventa evidente. Inoltre sono stati introdotti una quantità di strutture dati SDS differenti che ancora non hanno una connotazione standard e la cui struttura è in qualche modo simile a quella delle matrioske russe dove delle bambole di legno di diverse dimensioni sono inserite una nell'altra, dalla più piccola alla più grande.
Ecco una serie di suggerimenti per il corretto utilizzo di un SDS
- Implementare una strategia per la protezione dei dati
Quando utilizzate o implementate un sistema SDS è molto importante prevedere una strategia di protezione e recupero dati .
- Implementare un vero piano di backup
Quando si utilizzano questi sistemi è necessario sviluppare e implementare uno specifico piano di backup, di modo che in caso di guasto o malfunzionamento degli storage i dati possano essere velocemente importati.
- Effettuare anche un backup delle impostazioni del sistema!
Oltre ai normali backup è consigliabile effettuare un backup anche delle impostazioni del sistema di modo che sia l’azienda sia gli specialisti di recupero dati possano averlo come riferimento nel caso in cui si presenti un guasto al sistema di una certa entità.
- Verificare che il backup funzioni correttamente
Spesso nelle aziende i backup vengono creati in maniera più o meno automatica ma non viene mai effettuato un vero e proprio controllo sul loro effettivo funzionamento. Quindi vi consigliamo di effettuare delle verifiche periodiche.
Ciò che potrebbe sembrare un semplice elenco di consigli per principianti ha in realtà una motivazione seria: nei laboratori di Ontrack i dispositivi su cui viene richiesto l’intervento di recupero dati arrivano spesso senza alcun backup funzionante. Pertanto per un sistema di storage complesso come gli SDS con molte tecnologie integrate e diversi strati di strutture dei file, i suggerimenti di cui sopra rappresentano una precauzione da non trascurare.
Per concludere
I Software Defined Storage (SDS) sono l’evoluzione logica dei sistemi di storage e una cosa è certa: in futuro questi sistemi verranno sempre più utilizzati dato che senza SDS persino i più sofisticati sistemi come Hyper Converged Storage non possono funzionare. Quindi non c’è da stupirsi se, secondo il white paper redatto da IDC lo scorso novembre, “Software Defined storage - IT infrastructure for the next-generation company", il 16% della aziende intervistate ha già investito nelle tecnologie SDS e il 35% sta valutando di implementarle in futuro. Ciò nonostante deve essere chiaro che in questi sistemi di storage complessi i requisiti per l’amministrazione IT aumentano in maniera significativa, in particolare in termini di sicurezza dei dati e del sistema. Si rendono quindi necessari frequenti backup, strategie di recupero dati efficaci e piani di disaster recovery. Nel caso in cui, nonostante tutti questi accorgimenti si dovesse verificare un guasto che porta ad una perdita di dati, vista la complessità dei sistemi sarebbe meglio contattare un’azienda specializzata in recupero dati con l’expertise necessario per effettuare un recupero da SDS.