I suggerimenti per il recupero dati fai da te che si trovano su Internet possono provocare una perdita dati permanente.

Written By: Ontrack

Date Published: 5 settembre 2022

I suggerimenti per il recupero dati fai da te che si trovano su Internet possono provocare una perdita dati permanente.

Milano- 27 Luglio 2017 – Gli esperti di recupero dati di KLDiscovery stanno riscontrando un aumento dei tentativi di recupero dati fai da te sui media che vengono inviati nei loro laboratori.

“L’accesso a tecniche e video che mostrano soluzioni di recupero dati fai da te che si trovano in rete persuadono gli utenti a cercare di recuperare i file autonomamente in caso di perdita dati” afferma Paolo Salin, Country Director di KLDiscovery Italia. “Nei nostri laboratori arrivano sempre più drive che mostrano tentativi di intervento di recupero dati con soluzioni di questo tipo. In molti casi questi tentativi provocano ulteriori danni, rendendo i dati completamente e definitivamente non recuperabili”

KLDiscovery con l’intento di mettere in guardia gli utenti dall’applicare soluzioni e tecniche di recupero dati fai da te pubblica la lista dei 10 casi top di recupero dati terminati senza successo.

10. Un errore comune delle soluzioni fai da te – Quando un hard drive ha un malfunzionamento, gli utenti eseguono un CHKDSK che però spesso distrugge i dati che in molti casi potrebbero essere ancora recuperati.

9. Un errore comune nei RAID 5 - quando un drive di un RAID 5 si guasta, il sistema continua a funzionare in modalità degradata. La maggior parte delle persone non lo sa perchè non effettua un monitoraggio dell’array, ma quando si guasta anche un secondo disco, l’array smette di funzionare e i dati diventano inaccessibili. È questo il momento in cui gli utenti rimuovono i drive dal sistema, lo resettano ed effettuano un reboot. A questo punto il drive degradato potrebbe ripartire ed essere pronto all’uso. Il controller del RAID nota che i dati presenti sul drive degradato non sono sincronizzati con i dati in parità sugli altri drive e procede quindi al rebuild della parità con i dati non validi del drive degradato. Questo potrebbe portare alla sovrascrittura di dati raccolti anche in diversi anni.

8. Crittografati per sempre – Alcuni dischi esterni sono crittografati e la chiave di crittografia si trova su un chip all’interno dell’elettronica presente sul case. Quando questi drive smettono di funzionare gli utenti tolgono il drive dal case e lo inseriscono in un altro. A questo punto i drive vengono inviati per il recupero di dati ma non possono essere decrittografati.

7. Errore software – Spesso gli utenti cercano di effettuare il recupero dati da hard drive che hanno subito danni di tipo fisico o che mostrano errori di lettura utilizzando soluzioni software. Alcuni utenti inoltre caricano il software sul drive danneggiato su cui si trovano i dati che si sta cercando di recuperare. Questo provoca ulteriori danni sia all’hard drive che ai dati con il rischio che questi possano essere sovrascritti.

6. Riso– A causa di un rimedio proposto su Internet, gli utenti ripongono i cellulari caduti in acqua in una bacinella piena di riso in modo da asciugarli. Il risultato? Riceviamo cellulari coperti di riso e con residui di riso.

5. Il Guru della tecnologia – La maggior parte delle persone ha sempre un amico o un parente che si pensa essere un vero “esperto” in tecnologia. Quando è necessario un recupero dati questo guru della tecnologia apre l’hard drive in un luogo non “protetto”, il disco subisce così l’esposizione alla polvere che viene rimossa spesso con le mani. Sebbene la polvere venga tolta, le impronte digitali lasciate dall’”esperto” possono provocare un’ulteriore perdita di dati.

4. Aprimi – Gli utenti cercano di aprire gli hard drive e spesso non vedono le viti nascoste sotto le etichette. Procedono quindi con un cacciavite a cercare di aprire la cover superiore lasciando graffi, segni e talvolta rompendo i piatti stessi. Una volta graffiata o segnata, la superficie diventa irrecuperabile: nel migliore dei casi sarà possibile solo un recupero parziale.

3. Recupero in freezer – Un altro mito delle soluzioni fai da te in rete è quello di mettere l’hard drive nel freezer per recuperare i dati. Gli utenti spesso lo fanno e poi cercano di far funzionare l’hard drive ancora congelato. Durante questo processo l’acqua si condensa e si congela sui piatti del drive, provocando il crash dei disco congelato.

2. Vecchi trucchi – Anni fa una persona poteva sostituire la scheda del circuito dell’hard drive nel tentativo di ripararlo ma ora le schede sono specifiche per ogni singolo drive. Alcuni utenti utilizzano ancora questo approccio. Cercano di sostituire la scheda del circuito del loro drive nel tentativo di recuperare i propri dati e quando questa soluzione non funziona lo inviano per un servizio di recupero dati professionale.
È capitato che in KLDiscovery arrivassero pile di schede elettroniche e che i nostri ingegneri di camera bianca abbiano dovuto cercare quella corretta prima di poter recuperare i dati.

1. Manca qualcosa – In rete si trova questo suggerimento: se si rimuovono i piatti da un drive e si mettono su altro device è possibile recuperare i dati. Questo metodo è stato provato innumerevoli volte senza successo. I piatti vengono quindi inviati per un intervento di recupero dati professionale e in alcuni casi ciò che riceviamo sono solo i singoli piatti all’interno di una busta per la conservazine degli alimenti, null’altro. Senza conoscere il modello dell’hard drive e senza sapere altre informazioni di vitale importanza i dati non possono essere recuperati.
La soluzione migliore è sempre quella di contattare un professionista prima di cercare di applicare soluzioni di recupero dati fai da te. Il processo di recupero dato è molto delicato e se fatto in maniera sbagliata potrebbe causare danni permanenti.

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KLDiscovery Italia
KLDiscovery, attiva da oltre 30 anni, è leader nell’offerta di soluzioni e servizi di recupero dati, cancellazione sicura dei dati e ediscovery. Attraverso l’utilizzo di moderne tecnologie, innovativi software e numerosi tool proprietari, KLDiscovery è in grado di affrontare casi di recupero dati da qualunque tipo di supporto (es. hard disk, SSD, RAID, dispositivi mobili, etc.) e ambiente operativo (es. cloud e virtualizzazione). KLDiscovery è presente in Italia dal 2002 con sede a Gallarate (VA) dove si trova anche la camera bianca, l’unica professionale in Italia per il recupero dei dati. La tecnologia brevettata Ontrack Data Recovery Remote Services permette, inoltre, il recupero dei dati anche in remoto. Country Director è Paolo Salin. KLDiscovery è parte di KLDiscovery che a livello internazionale conta circa 1300 dipendenti con presenza in 19 Paesi e 43 sedi. KLDiscovery sviluppa anche software per attività di recovery in autonomia come Ontrack® EasyRecovery™ (per il recupero dati) e Ontrack® PowerControls™ (nelle versioni per il mailbox management in Microsoft® Exchange Server, per il document recovery in Microsoft® SharePoint® Server e per il restore di singole tabelle in Microsoft® SQL Server). Infine, KLDiscovery fornisce servizi di ediscovery, soluzioni per la gestione dei tape e per la cancellazione sicura attraverso il dispositivo Ontrack Eraser Degausser e i software Blancco, di cui l’azienda è distributor e gold reseller. Per maggiori informazioni , Twitter @KLDiscoveryIta e Facebook

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